La sindrome da vomiting è una patologia facente parte dei fenomeni che rientrano nella definizione di disturbi alimentari. Recentemente, grazie a un percorso di analisi secondo il metodo “ricerca – azione” teorizzato da Kurt Lewin, è stato scoperto che il vomiting è un disturbo alimentare specifico. Fino al decennio scorso, invece, il vomito era considerato un sintomo accessorio, appartenente a più tipologie di disturbi alimentari caratterizzati da una sintomatologia varia e complessa.
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Il vomito può presentarsi come sintomo accessorio del disturbo bulimico, più precisamente del sottotipo definito in base alla presenza di “condotte di eliminazione”. Questi comportamenti prevedono l’eliminazione del nutrimento introdotto, percepito come “calorie di troppo,” mediante l’uso di lassativi, diuretici, oppure attraverso l’ausilio di strumenti come enteroclismi e rituali come il vomito autoindotto.
Il vomiting, invece, è un disturbo molto diverso e specifico, che diventa una compulsione relativa alla ricerca di un piacere estremo. Questo disturbo potrebbe essere alla radice di un desiderio che hai sentito, nato da un disagio preesistente, relativo alla volontà di mangiare senza ingrassare. Tuttavia, nel tempo, la sequenza ripetitiva di mangiare e vomitare può trasformarsi in un rituale di piacere. È questo il momento in cui il tuo disagio, che può nascere sì da un disturbo di matrice anoressica o bulimica, si trasforma. Dal tentativo di esercitare un controllo sul peso, diventa una compulsione incontenibile. In questo caso, mangiare fino a sentirsi scoppiare e poi culminare il rituale con il vomito, ti dona un piacere a cui non riesci a rinunciare.
Questo meccanismo apparentemente inspiegabile, si chiarisce destrutturando questa ritualità che piano piano hai costruito nella tua quotidianità. La fase che anticipa il momento dell’abbuffata, è costituita infatti da una tensione d’eccitazione in cui si pensa con anticipo a una appagante mangiata. La fase consumatoria vede come protagonista il cibo, strumento erogeno che spesso è associato al piacere. Ingurgitare e abbuffarsi fino a vomitare, è un’azione che presuppone un riempimento, quindi una soddisfazione, e poi una liberazione e dunque un sollievo. Per questo motivo il vomiting ricalca esattamente la sequenza di una relazione di tipo sessuale, diventando dunque un rituale erotico.
Hai mai pensato, infatti, che il cibo è come una sorta di amante segreto, sempre disponibile e accondiscendente riguardo i tuoi desideri?
Spesso, la preoccupazione principale che affligge una persona con sindrome da vomito, sono le conseguenze del suo gesto. In particolare, se abbuffarsi e conseguentemente vomitare faccia ingrassare. L’idea che puoi aver avuto, che è alla base dell’acquisizione del vomiting come ritualità di piacere, potrebbe essere quella di poter mangiare a sazietà senza ingrassare.
Dover fare i conti con la bilancia, dopo le proprie abbuffate, è un pensiero che spaventa, in quanto carica di colpevolezza e di senso di inadeguatezza date le conseguenze sul fisico delle nostre azioni.
Tuttavia la paura di ingrassare dopo aver mangiato, è un pensiero che dovrebbe essere pian piano decostruito tramite un valido percorso di psicoterapia. Questo perché non è assolutamente una conseguenza del disturbo da vomiting da considerare, nemmeno se è una paura che controlla i nostri pensieri.
Le conseguenze più drammatiche del vomiting infatti sono la perdita del controllo del rituale e i danni da reflusso gastroesofageo che provoca la ripetitività del vomito. Gli acidi digestivi infatti causano una perdita permanente dello smalto dentale, osservabile fin da subito a livello degli incisivi. I denti diventano fragili, si possono facilmente scheggiare nel corso dell’abbuffata, e aumenta la frequenza di comparsa delle carie. Inoltre le ghiandole salivari, a causa della sovra stimolazione che precede il fenomeno emetico, possono ingrossarsi.
Bisogna anche capire le conseguenze se induci il momento del vomito attraverso l’uso di alcune sostanze emetiche. Spesso infatti sono state riportate gravi miopatie a livello cardiaco in pazienti che facevano uso di sostanze per indurre il vomito. Quando l’attenzione si focalizza dal controllo del proprio peso corporeo, e si abbandona la paura ossessiva di ingrassare, è possibile concentrarsi sui danni a lungo termine di questa pratica. In questo momento, puoi quindi pensare di iniziare un percorso terapeutico per guarire dalla sindrome da vomiting.
Una delle terapie che si sono recentemente dimostrate più efficaci nel trattamento del disturbo da vomiting, è la “Terapia breve dinamica per i disturbi alimentari”. Si procede in un percorso graduale di “ricerca-intervento” paragonabile a quello utilizzato per i disturbi fobico-ossessivi. Questo tipo di terapia deriva dalla necessità di curare diverse tipologie di pazienti, che non riescono più a interrompere il circolo vizioso della ritualità nemmeno se lo desiderano. Innanzitutto, bisogna rivolgersi a uno psicologo e psicoterapeuta altamente specializzato, in grado di riconoscere la categoria alla quale il tuo disturbo può appartenere. Fino ad oggi, sono state delineati fino a tre tipologie di pazienti affette dal disturbo:
Una paziente “trasgressiva inconsapevole” è solitamente una ragazza giovane, cognitivamente ignara del piacere intrinseco del rituale. In questi casi la terapia consiste nel renderti consapevole che stai vivendo, tuo malgrado, una perversione di tipo sessuale che si scontra con i tuoi principi.
Una paziente “trasgressiva consapevole e pentita” invece si rende conto del meccanismo perverso di acquisizione del piacere, fino a divenirne nauseata. Per questo motivo, vorresti interrompere il rituale, ma non riesci a bloccare l’innesco del disturbo alimentare. In questi casi la terapia fai-da-te è cercare di ridurre i momenti in cui puoi abbuffarti e vomitare, ma questa imposizione, non seguita in uno specifico percorso di psicoterapia, può avere l’effetto contrario di aumentare il desiderio del vomiting. Per questo, la terapia più efficace da seguire con uno psicologo e psicoterapeuta è quella dell’intervallo. In questo caso, si inserisce un intervallo di tempo, più o meno lungo, tra l’ultimo cibo ingerito e il momento del vomito. La tecnica dell’intervallo, alterando la spontaneità della sequenza rituale, sottrae il piacevole sollievo di liberazione dato dall’atto di vomitare, che acquisisce gradualmente una profonda sgradevolezza.
Una paziente “trasgressiva consapevole e compiaciuta”, invece, è più refrattaria alla guarigione e alla terapia. In questo caso, non hai alcuna intenzione di rinunciare al rituale di piacere insieme al cibo, ovvero il tuo “amante segreto”. In questo caso, l’approccio terapico con un valido psicologo e psicoterapeuta partirà a monte, ovvero cercando di caratterizzare il tuo rapporto con il piacere e focalizzandolo su altre azioni. In questo modo, il vomiting perderà la sua attrattiva, e diminuirà la frequenza con cui costruirai questo rituale.