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L’ipocondria viene definita come una preoccupazione eccessiva e infondata di una persona riguardo la propria salute, con la convinzione che una qualsiasi visita medica di routine possa in qualche modo far emergere qualche patologia. L’ipocondriaco viene comunemente definito “il malato immaginario“. Spesso succede che questa tipologia di persone si presenta negli studi di psicologi, dopo aver girato numerosi professionisti della salute, e giungono con una pila di analisi e visite specialistiche asserendo che nessuna di queste visite abbia in realtà soddisfatto una loro preoccupazione pre-esistente.
Sono soggetti che entrano ben volentieri ad occupare il ruolo del “malato“, vivendo la situazione invalidante dal punto di vista sociale e lavorativo, come se da un momento all’altro potesse succedere qualcosa di drammatico, e per questo motivo vivono in maniera vincolata a tutto ciò che riguarda ospedali e quant’altro. Rivolgersi dallo psicologo risulta, quindi, essere l’ultima spiaggia, dopo che il rapporto con il medico di famiglia diviene insoddisfacente, e pesante per quest’ultimo. Allo psicologo si arriva su suggerimento di parenti, amici o anche di medici che hanno capito bene il problema quale sia.
Generalmente possono essere colpiti tutti, quindi è un disturbo ben distribuito tra uomini e donne. Secondo numerose ricerche, la fascia di età maggiormente colpita è tra i 40 e i 50 anni. Molti di questi soggetti fanno collezione oltre che di svariati esami clinici, anche di piccoli o grandi interventi facendosi togliere un pò di tutto: fibrometti, pendici, cisti, senza aver mai trovato nulla di particolarmente grave da poter convalidare questa loro preoccupazione.
Sono soggetti che hanno un immagine di sè caratterizzata dalla assunzione di essere delle persone fragili, deboli, vulnerabili, facili alle malattie. Tale credenza è piuttosto generale e globale, ma rappresenta uno dei perni intorno al quale si costruisce il senso della propria identità.
Tra le cause principali vi sono ansia e depressione. Da un punto di vista dinamico l‘ipocondria è un meccanismo di difesa da un pericolo interno o esterno. Lo scopo può essere l’allontanemento da un imminente pericolo oppure dalle cause di un fallimento nella vita (situazione famigliare, lavorativa o scolastica).
Sono coinvolti anche altri fattori come:
I pazienti ipocondriaci mettono in atto una serie di comportanti che servono per alleviare le sofferenze, come una ossessiva richiesta di rassicurazioni soprattutto nei confronti dei medici, familiari ed amici; ma anche prestando attenzione a sintomi e segnali provenienti dal nostro corpo. Nel breve periodo ciò aiuta il paziente a sentirsi rassicurato, ma nel lungo periodo questo causa dei risultati di disadattamento. Il paziente,infatti, passerà sempre più tempo a discutere della sua salute ed informarsi tramite libri o sempre più consultanto internet. Le conseguenze di questa ossessiva ricerca di informazioni sono che più i suoi sintomi si avvicinano a patologie ritenute gravi, e più aumenta la sua preoccupazione, più si rinforza in loro l’idea di essere deboli, vulnerabili, fragili e bisognosi degli altri.
Una volta escluso ogni tipo di problema medico, si può procedere con una consigliata psicoterapia. E’ importante per il terapeuta entrare in empatia non solo con la mente del paziente, ma non bisogna dimenticare che il paziente è stanco di sentire come i suoi sintomi e malesseri sono solo nella sua testa. In realtà, il paziente li percepisce realmente questi sintomi e non vede l’ora di liberarsene. Nella maggior parte dei casi, infatti, il paziente arriverà dal terapeuta, mentre in parallelo continua nell’effettuare esami clinici al fine di trovare la vera origine del malessere. Nella prima fase, infatti, l’obiettivo del terapeuta, non deve essere quello di accertarsi che il paziente non faccia più visite mediche, ma questo avviene nella seconda fase, quando poi , si andranno ad affrontare gli aspetti psicologici.
Un metodo consigliato, potrebbe essere quello della terapia dinamica breve a orientamento analitico(ISTDP). Attraverso questo approccio vis a vis e un atteggiamento attento e attivo del terapeuta, il paziente può esperire contenuti emotivi fino ad allora repressi che in quanto tali inespressi, hanno dato origine alla sintomatologia patologica. Lo scopo risulta quello di destrutturare la paura del paziente ormai ben salda all’interno della sua mente, e metterla , così, in discussione.
In questa tecnica non è previsto il classico lettino, ma il paziente si siede di fronte al terapeuta. Questo rappresenta, di già, un fattore che scatena determinate emozioni nella persona. Il terapeuta continuerà nell’analizzare la vita del paziente, non da semplice spettatore passivo, ma da spettatore attivo e pronto a fare domande anche a volte impertinenti, al fine di valutare le caratteristiche di chi ha di fronte. E’ una tecnica con un forte impatto emotivo,e per questo potrebbe anche essere, di veloce risoluzione del problema.
Amleto Petrarca
psicologo-psicoterapeuta