La figura dello psicologo può essere molto utile anche in campo giuridico, sotto diversi punti di vista. L’art. 61 del codice di procedura civile permette al giudice di nominare un esperto, o consulente tecnico, che possa assistere al compimento di atti singoli o di tutto il processo: si tratta di figure professionali specifiche volte a mettere le loro competenze al servizio della legge, come avviene spesso nel caso delle separazioni familiari.
In questo caso il giudice in genere ha bisogno che venga disposta una valutazione su uno dei genitori da parte di un esperto del settore, spesso per poter valutare la capacità genitoriale del soggetto, in ordine alla scelta fra l’affido condiviso o esclusivo o anche per determinare tempi, modi e luoghi della visita ai figli.
La determinazione della capacità genitoriale quindi è un compito davvero molto importante che gli psicologi sono destinati a svolgere all’interno del processo. Quando si tratta di definire se un genitore è adatto o meno a prendersi cura di un figlio, se è quindi un ‘genitore capace’, il giudice può avvalersi di uno psicologo per valutare le capacità del genitore.
Lo psicologo nominato dal giudice ( CTU ) quindi dovrà svolgere la valutazione della capacità genitoriale, che consiste in un’attività di indagine e diagnosi complessa che utilizza anche i contributi della psicologia clinica dello sviluppo, della psicologia sociale, della famiglia, di quella forense e anche della neuropsichiatria per rispondere ad una domanda che ha un riflesso fondamentale sulla tenuta della famiglia.
Entrambi i genitori, dovranno nominare in seguito, un consulente tecnico di parte ( CTP ) che aiuterà il CTU nella valutazione della capacità genitoriale.
I criteri di valutazione della capacità genitoriale riguardano le capacità di funzione genitoriale e di parenting, per definire se un certo soggetto sia (o meno) un buon genitore per i suoi figli, o se sarà incapace in modo che il giudice, sulla base di questa valutazione, possa decidere per l’affidamento condiviso, esclusivo o per altre soluzioni.
L’esperto che è chiamato alla valutazione della capacità genitoriale si trova quindi chiamato ad operare con perizia, competenza e scientificità perché la sua opinione condizionerà le scelte del giudice. La valutazione delle capacità genitoriale fa convergere infatti elementi giudici con quelli psicologici, e deve tenere conto di molti aspetti perché il consulente tecnico d’ufficio possa dare una risposta dettagliata e completa al giudice.
L’interesse primario, da tenere sempre presente, è l’interesse del minore ad una vita serena, che non esclude i contatti anche col genitore che non sia dotato di capacità genitoriale: ciò infatti rileva soprattutto per la scelta dell’affidamento esclusivo o condiviso.
In genere i giudici tendono a concedere l’affidamento esclusivo solamente quando ricorrano delle situazioni gravi come problemi di tossicodipendenza o problemi mentali gravi che precludono la possibilità per uno dei genitori di occuparsi dei figli o di farlo in modo adeguato.
Indice dei contenuti
Come è stato accennato, è molto comune che a chiedere la valutazione della capacità genitoriale sia il giudice, sia quando sia uno dei genitori a farne richiesta, sia quando il giudice ritenga che nessuno dei due genitori è in grado di provvedere alla prole. La valutazione della capacità genitoriale può essere anche chiesta da uno dei genitori che, ad esempio, riporti il problema mentale dell’altro come causa del fallimento del rapporto coniugale.
Obbiettivo della consulenza è valutare se esistono dei disturbi in capo ad uno dei genitori e le sue capacità genitoriale di conseguenza. Bisogna quindi raccogliere tutte le informazioni utili per cercare di capire se un certo disturbo mentale possa avere un impatto sulle capacità educative, in modo da determinare quale sia la soluzione migliore, sempre nell’esclusivo interesse (morale e materiale) dei figli coinvolti nella separazione.
In caso di presenza di un disturbo mentale grave, che escluda o che limiti fortemente le capacità genitoriale di uno dei due genitori, l’affido all’altro è una scelta praticamente obbligata. Se il disturbo è lieve e non incide in modo forte sulle capacità genitoriale, e non rappresenta una controindicazione all’affidamento, la scelta sarà diversa. In ogni caso è necessario che intervenga un esperto che possa definire la qualità e la quantità del disturbo in modo da giudicare, nella maniera più oggettiva possibile, il loro impatto sulla vita dei figli.
Come è stato accennato, la valutazione di capacità genitoriale consiste in un’attività di diagnosi che deve tenere conto di diversi parametri. Essa comunque riguarda sia i genitori che il bambino e la loro relazione.
I parametri da prendere in considerazione sono innanzitutto quelli relativi alla capacità di Parenting, la quale si sviluppa su diversi livelli:
Le abilità parentali risultano altresì collegate, se ottimali, alla capacità di rispondere alle richieste del bambino, di mantenere l’attenzione focalizzata su di lui, il calore affettivo e la ricchezza del linguaggio.
Come valutare concretamente su che livello si attesta la capacità genitoriale del genitore? La letteratura scientifica ha dato alcuni parametri di riferimento che usano alcuni criteri come:
Per la valutazione della capacità genitoriale, bisogna usare il colloquio ed anche i test che possono fornire indicazioni sulla intelligenza, memoria, apprendimento e che possono fornire dei parametri di riferimento.
Rappresentano invece delle condizioni di pregiudizio, che screditano la capacità genitoriale e che possono arrecare danno al figlio, alcuni comportamenti che sono connessi a: